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Altre Notizie
drammaturgia di Chiara Boscaro
regia di Marco Di Stefano
con Diego Runko
musiche di Lorenzo Brufatto
eseguite e registrate dall'nsemble da camera Il canto sospeso
traduzioni di Craig Allen, Ester Barlessi, Brigita Lorger, Tamara Turšič
progetto grafico di Mara Boscaro
assistente alla regia Cristina Campochiaro
un progetto La Confraternita del Chianti
una produzione
Dramma Italiano di Fiume – Teatro Nazionale Croato Ivan De Zajc (Rijeka/Fiume - Croazia)
Associazione K.
in collaborazione con Teatro Verdi/Teatro del Buratto - Milano
con il sostegno di Regione Lombardia - NeXT 2015
Onora tuo padre e tua madre,
perché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che il Signore, tuo Dio, ti dà.
[Esodo 20, 12]
Rudi non è mai emigrato, ma tanti ne ha visti partire, sul Toscana, il piroscafo che portava gli esuli in Italia. Rudi è un istriano di Pola, come il bambino di dieci anni cui decide di raccontare la sua storia. Una storia rocambolesca fatta di bombe, di zanzare, di barche e di Alida Valli.
Ma Rudi non è il solo personaggio di “ESODO pentateuco #2”: Diego Runko recita in quattro lingue per dar vita al giornalista croato alle prime armi, al soldato inglese tifoso del Liverpool, al prete partigiano sloveno, al ragazzo di Pola che pesca con le bombe per la prima volta in vita sua. A fare da cornice, due date simbolo: il 25 giugno 1991, giorno dell'Indipendenza della Croazia, e il 18 agosto 1946, giorno in cui una bomba sulla spiaggia di Vergarolla segna simbolicamente l'inizio dell'Esodo. Una bomba che uccide più di sessanta persone, ma che non viene rivendicata da nessuno. Sono passati quasi settant’anni e ancora non si conoscono i nomi dei colpevoli.
Diego Runko è istriano. Di quelli che hanno nel sangue nazionalità diverse, popoli diversi, diverse lingue. Se va un po’ indietro con la memoria, ne ricorda almeno quattro. La sua famiglia non ha partecipato all’esodo post-bellico, anzi in Istria è rimasta e, in parte, tuttora vive.
L’Istria è sempre stata una terra di confine, una zona in cui tracciare una separazione netta tra italiani, croati e sloveni è pressoché impossibile. Gli istriani sono stati, e sono tuttora, abituati ad accogliere piuttosto che a respingere, e gli stati a cui questa terra, negli anni, è appartenuta, hanno sempre cercato di far prevalere la propria nazionalità.
Oggi, se si viaggia dall’Italia verso la Croazia, subito oltre il confine c’è un cartello, un cartello che recita le parole “Istra – zemlja dobrih ljudi. Istria – terra di brava gente”. Di questa gente, e anche per questa gente, noi vogliamo parlare.