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Altre Notizie
Oleg Mandić: L'ultimo bambino di AuschwitzMercoledì, 1. febbraio 2017 alle ore 18.00
Sede della Comunità degli Italiani,
Palazzo Gravisi-Buttorai, Via Fronte di Liberazione 10, Capodistria
ore 18.00
Proiezione del documentario
“Godine kobnih iskustva obitelji Mandić sa fašizmom i nacizmom”, IRS ART 2005
(Gli anni di fatidiche esperienze della famiglia Mandić con fascismo e nazismo)
in lingua croata sottotitolato in italiano
ore 18.30
Testimonianze di Oleg Mandić nell’intervista
con la giornalista di TV Capodistria Claudia Raspolič,
autrice del documentario “La mia bella vita grazie ad Auschwitz”
ore 19.00
Testimonianze di Marta Peljhan, internata sopravvissuta
alla prigionia nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück
Internato a undici anni, Oleg Mandić è stato l’ultimo internato a lasciare il lager di Auschwitz – Birkenau, in Polonia, in seguito alla liberazione da parte delle truppe dell’Armata Rossa impegnate nell’offensiva in direzione della Germania. Sopravvissuto a Mengele e agli orrori del famigerato campo di sterminio nazista, Mandić ha raccontato la sua esperienza attraverso innumerevoli conferenze tenute in patria e all’estero, interviste, film documentari e, da ultimo, un libro autobiografico pubblicato nel 2016 dalla casa editrice Biblioteca dell’Immagine. Oggi, ormai ottantenne, continua ad essere importante testimone di una pagina terribile della storia contemporanea, animato dalla volontà di informare le nuove generazioni affinché simili mostruosità non abbiano a ripetersi.
Oleg Mandić: L'ultimo bambino di AuschwitzTra il 1938 e il 1945 132.000 donne furono internate nel campo di concentramento di Ravensbrück. Tra queste 2230 slovene, delle quali 200 non sopravvissero alla prigionia. Marta Peljhan, originaria di Šturje presso Aidussina, provò l'orrore della deportazione all'età di 22 anni allorché venne trasferita nel gennaio del 1945 in quello che all'epoca era il maggior campo di concentramento femminile della Germania. La reduce, nonostante l'età già avanzata, continua con orgoglio nella sua missione di testimone per mantenere viva la memoria delle efferatezze nazifasciste e dell'esperienza della prigionia nei campi di concentramento in tutta Europa.